“C’è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia. In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza, tu sai con maggiore sicurezza chi sei.”
(D. DeLillo, da Body Art)
Luca Artioli nasce a metà degli anni ’20, in un quartiere di Harlem, a New York, da una famiglia di immigrati italiani.Frequenta una scuola per indigenti e inizia presto a darsi da fare tra mille lavoretti, per guadagnare qualche spicciolo. Poco più che quindicenne entra in un coro gospel, nonostante il colore della sua pelle e i suoi 65 Kg scarsi: ha una gran voglia di cantarle ad un mondo che pare non accorgersi di lui.Anche la scrittura sembra affascinarlo. Le letture sui romanzieri inglesi, tra cui Walpole, Hall e soprattutto Galsworthy, accendono in lui il desiderio di cimentarsi nella narrativa.
Nel ‘44, l’incontro fortunoso e fortunato con Jack Kerouac e William Borroughs in un pub di Morningside: i due scorgono nel ragazzo una vena spiccatamente beat e decidono di presentargli il resto della ciurma. La comunanza d’intenti e il sogno utopico di cambiare la società con il pensiero e la penna, lo trascinano presto a divenire addirittura uno dei grandi ispiratori dello stesso Jack. Larghi tratti di “On the Road”, vengono infatti suggeritigli proprio da Luca, che ne cura anche la correzione delle bozze direttamente sui famosi “rotoli di carta chilometrica”.
Negli anni ’50, Artioli si cimenta in un progetto personale, sotto la supervisione di Gregory Corso, un romanzo socialmente “scomodo” che non troverà mai la pubblicazione se non per mano di Ferlinghetti nel 1968, in pieno periodo pacifista.Poco prima, intanto, convola a nozze con Penelope Cruz da Silva, una ragazza cubana incontrata un paio d’anni prima in un piano-bar di Santiago, durante uno dei suoi rari viaggi fuori dai confini americani.Riservato e artisticamente poliedrico, Luca Artioli si impone sulla scena letteraria con l’oscuro mestiere del ghostwriter, scrivendo i migliori discorsi di John Fitzgerald Kennedy, Martin Luther King Jr. e Malcolm X.Dopo gli attentati che vedono in pochi anni la morte di questi leader carismatici, Luca decide di lasciare gli States, esasperato dal clima di incertezza politica e temendo per l’incolumità della propria famiglia.
Dal 1971, ereditando una piccola fortuna dai nonni italiani, si rifugia in un verde e silenzioso cascinale tra i Colli Val D’Elsa, nei pressi di Siena, dedicandosi alla viticoltura e abbandonando la scrittura per quasi trentacinque anni.
Nel 2006, fa la conoscenza di alcuni giovani autori che sanno riaccendergli il suo amore per la letteratura. In loro c’è la stessa fiamma, la stessa voglia di cambiamento. Così nasce la Confraternita dell’Uva, di cui Luca Artioli ne rimane presidente per due anni, ricevendo nel frattempo una laurea ad honorem in enologia applicata.
Dal 2009, come ogni scaltro imprenditore che si rispetti, decide di diversificare il rischio nei suoi investimenti, rilevando una società di scavi nel cuore pulsante della Lombardia, a Montichiari (BS). Di lì a poco, stringerà una forte amicizia con altri artisti talentuosi del luogo, decidendo di fondare insieme a loro, dopo molti ripensamenti, un’associazione culturale denominata “Movimento Dal Sottosuolo”. Una realtà a cui è legato tuttora e grazie alla quale, nonostante l’età, è ancora possibile ascoltare le sue mirabili composizioni ogni qualvolta si organizzino reading in fumose bettole di provincia.
Fonti non accreditate, però, sostengono che tutta questa faccenda sia soltanto una bugia per far contenti i suoi lettori e la stampa.Si narra, infatti, che Luca sia in realtà nato a Mantova (Italia) nel ’76, in una piovosa giornata di febbraio; che dopo un’infanzia passata dietro i banchi di scuola, ora faccia l’impiegato bancario e che la Sua america la stia ancora cercando in un libro.
“Difficile credere a questa seconda versione” ha risposto recentemente Ferlinghetti ai giornalisti assiepati fuori da una delle sue librerie City Lights a New York. “Ma non vi darò la soddisfazione di sapere la verità. Mai. A morte piuttosto, a morte l’orecchio di Van Gogh”.