“Personalmente, credo che questo sia veramente un buon momento per un giovane che voglia cominciare a scrivere narrativa. Ho degli amici che non sono d’accordo. Al giorno d’oggi la narrativa di qualità e la poesia sono emarginate. È un errore in cui cadono parecchi dei miei amici, questa vecchia idea secondo cui «Il pubblico è stupido. Il pubblico vuole andare in profondità solo fino a un certo punto. Poveri noi, siamo emarginati perchè la tv, la grande ipnotizzatrice… bla bla bla». Ci si può mettere seduti in un cantuccio e piangersi addosso quanto si vuole. Ma è una stronzata. Se una forma d’arte viene emarginata è perché non parla davvero alla gente. E un possibile motivo è che la gente a cui si rivolge sia diventata troppo stupida per apprezzarla. Ma a me sembra una spiegazione troppo semplice.
Se uno scrittore si rassegna all’idea che il pubblico sia troppo stupido, ad aspettarlo ci sono due trappole. Una è la trappola dell’avanguardismo: si fa l’idea che sta scrivendo per altri scrittori, perciò non si preoccupa di rendersi accessibile o affrontare questioni di ampia rilevanza. Si preoccupa di far sì che ciò che scrive sia strutturalmente e tecnicamente all’avanguardia: involuto nei punti giusti, ricco di appropriati riferimenti intertestuali… L’opera deve sprizzare intelligenza. Ma all’autore non importa nulla se sta comunicando o meno con un lettore a cui freghi qualcosa di quella stretta allo stomaco che è poi il motivo principale per cui leggiamo. Sul fronte opposto ci sono opere volgari, ciniche, commerciali, realizzate secondo formule prestabilite -essenzialmente, il corrispondente letterario della tv- che manipolano il lettore, che presentano il materiale grottescamente semplificato con uno stile avvincente perché infantile.
La cosa strana è che questi due fronti sono in lotta fra loro, ma hanno un’origine comune, che è il disprezzo per il lettore: l’idea che l’attuale emarginazione della letteratura sia colpa del lettore. Il progetto che vale la pena di portare avanti è invece quello di scrivere qualcosa che abbia in parte la ricchezza, la complessità, la difficoltà emotiva e intellettuale dell’avanguardia, qualcosa che spinga il lettore ad affrontare la realtà invece che a ignorarla, ma che nel fare questo provochi anche piacere nella lettura. Il lettore deve sentire che qualcuno sta parlando con lui, non assumendo una serie di pose.
In parte, tutto questo ha a che fare col fatto che viviamo in un’epoca in cui abbiamo a disposizione una quantità enorme di puro intrattenimento, e bisogna capire come può la letteratura ricavarsi un suo spazio in un’epoca di questo tipo. Si può provare ad affrontare il problema di cosa sia a rendere magica la letteratura in maniera diversa dalle altre forme di arte e spettacolo. E a capire in che modo la narrativa possa ancora affascinare un lettore la cui sensibilità è stata in massima parte formata dalla cultura pop, senza diventare un’ulteriore palata di merda fra gli ingranaggi della cultura pop. È qualcosa di incredibilmente difficile, sconcertante e spaventoso, ma è un bel compito. C’è una quantità enorme di intrattenimento di massa ben realizzato e ben confezionato: credo che nessun’altra generazione prima di noi si sia trovata a fronteggiare una cosa del genere. Essere uno scrittore oggi significa questo. Credo che sia il momento migliore per essere al mondo e forse il miglior momento possibile per fare lo scrittore. Certo, dubito sia il più facile.”
(tratto da «An Interview with David Foster Wallace», Review of Contemporary Fiction, vol. XIII, n.2, estate 1993 – traduzione a cura di Martina Testa)
Le risposte più semplici e improbabili, spesso, sono le risposte giuste.
Sai cosa mi stupisce? Mi stupisce che chi mi legge rimanga piacevolmente coinvolto e mi faccia i complimenti, non perché non siano sinceri, ma perché fino a che non ho costretto io quelle persone a leggermi, loro non hanno avuto la voglia e il coraggio di mettersi a leggere i miei testi.
Perché deve esserci qualcuno che spinge altri a leggere poesia? Perché se dici a qualcuno: “guardati attorno, sugli scaffali non esiste solo Neruda”, devi essere considerato quasi blasfemo? Perché (e questo è il quesito più tragico) nelle scuole non si insegna a leggere ma si insegna solo che ci sono i vip della letteratura a cui abbandonare il cervello?
La gente non è stupida. E’ la continua schiavitù culturale a cui è sottoposta a far sì che non ci siano molti margini per i nuovi scrittori.
O per i nuovi artisti in genere. Guarda cosa accade in campo musicale. In Italia va’ avanti giusto il pop. La musica classica, che è stata la grandezza del nostro paese, è quasi morta e stanno facendo di tutto per stroncarla, grazie anche alla genialata dei nuovi licei musicali.
L’arte è per chi ha pelo sullo stomaco, è per i masochisti o per gli eroi. O per chi, ovviamente, è ben raccomandato.
Nel mondo l’arte italiana viene rappresentata da nomi del passato. Chi è un grande oggi? Chi ha davvero titolo per essere considerato un grande letterato, un grande musicista, un grande pittore, un grande scultore (…la scultura poi non ne parliamo… è già morta e stramorta da tempo). Anche a livello di grandi opere: esiste uno Juvarra oggi? La nostra cultura dorme da un secolo. Questo è il problema secondo me.
Ciao caro.
D.
Stiamo raschiando il fondo del barile, Dario.
E non ci stiamo trovando dentro un granché…
Si dice che “per rialzarsi bisogna prima cadere”, no?
Per cui, continuiamo a coltivare la nostra passione… forse un giorno avremo di che raccontare…
Un abbraccio,
L.
P.s.: Tutto a posto con il pargolo? 🙂