Siamo in un quartiere di Birmingham, in Inghilterra.
Qui, nel 1822, nasce un certo Francis Galton che, dopo un’infanzia da piccolo genio, diviene esploratore, climatologo e antropologo.
Non per ultimo, è il cugino del più noto Charles Darwin.
Nel percorso intellettuale di Galton, l’uscita del capolavoro dello stesso Darwin (“L’origine della specie“) segna un punto di svolta: la fede cristiana viene travolta e cancellata dalla scienza moderna.
Così, dopo qualche anno, Galton dà alle stampe quello che diventerà il suo saggio più importante: Hereditary Genius (1865).
L’opera è incentrata su un’analisi che si colloca coerentemente nel contesto dell’epoca vittoriana.
Il XIX secolo sta vivendo un periodo malinconico in terra anglosassone, il desiderio è quello di ripristinare la supremazia del ceto dirigente, ristabilendo il ruolo egemonico degli inglesi a livello quantomeno europeo.
Ma c’è un problema di fondo: la borghesia, ritenuta la vera depositaria dell’eccellenza biologica, non fa figli.
Al contrario, i ceti bassi proliferano (così come la falsa credenza che ignoranza e delinquenza siano tratti geneticamente trasmissibili).
In Hereditary Genius, quindi, Galton mette in evidenza come serva un impegno etico per stabilire urgenti misure con cui salvaguardare il patrimonio biologico migliore, prima che questo rimanga soltanto un ricordo.
Che fare allora?
La soluzione sembra trovarsi nel favorire i matrimoni fra individui anticipatamente selezionati, le cui caratteristiche genetiche garantirebbero al futuro della società una discendenza sana.
Da qui, il secondo problema: non si possono aspettare i tempi della selezione naturale, è richiesta un’azione mirata e, soprattutto, istituzionalizzata.
La realizzazione del progetto, però, comporta indubbiamente delle difficoltà pratiche.
Non si può costringere la gente a mettere al mondo figli con la forza.
Pertanto, l’antropologo confida che gli scienziati si sforzino per rendere noti i principi ispiratori dell’eugenica, affinché si generi tra i cittadini il convincimento dell’utilità e dell’urgenza di tali pratiche, dirigendovi spontaneamente le proprie scelte procreative.
Ed eccoci arrivati al sogno della società utopica galtoniana (quella formata soltanto da persone brillanti, colte, gentili, belle e morigerate) e al vituperato concetto di “eugenica” -oggi conosciuta come “eugenetica“-, che viene per la prima volta coniato dallo stesso Galton.
Da qui in poi, molti libri storici fanno un’equazione quantomai azzardata, per non dire errata:
Galton : Hitler = eugenetica : razza ariana
Non esiste in realtà una linea retta che unisca l’Inghilterra ottocentesca al Terzo Reich, così come non regge quel “piano inclinato” (come lo definisce Francesco Cassata nel suo ottimo “Eugenetica senza tabù“) che faciliti lo scivolamento storico dalle teorie dello stesso Galton ai crimini promossi da Hitler.
Lo scienziato inglese, infatti, è nettamente contrario all’introduzione di misure selettive di carattere coercitivo.
In una lettera del 1904 scrive: “Non possiamo incrociare uomini e donne come ci pare, come se fossero galli e galline ma potremmo, credo, sviluppare gradualmente qualche programma per realizzare un continuo, seppur lento, miglioramento della razza umana; l’intento dovrebbe essere quello di accrescere l’apporto delle classi più valevoli della popolazione e di ridurre quello opposto.”
Semmai, dall’ultima affermazione (“ridurre quello opposto”) si potrebbe ritrovare l’idea primigenia della sterilizzazione massiva nei confronti di malati e criminali, ma tutto ciò non giustifica un accostamento con la deriva nazista, che stravolse e radicalizzò la concezione galtoniana sulla genetica.
È quindi indubbia l’ispirazione a Galton in linea di principio, ma lo sterminio di persone umane su scala industriale fu una questione tutta tedesca.
Francis Galton
(Birmingham 1822 – Haslemere 1911)
Il rimpianto maggiore, piuttosto, è che da un periodo così fiorente come quello della Belle Epoque (1880-1914), nel quale Thomas Edison progetta la prima lampadina (1879), Louis Pasteur scopre il vaccino contro la rabbia (1885), Marconi costruisce la prima radio (1899) e i fratelli Wright compiono il primo volo (1903), l’umanità non ha saputo adottare una visione condivisa e coscienziosa sulla questione eugenetica introdotta dall’antropologo anglosassone, lasciando -al contrario- che si gettassero le basi di un pensiero capace di calpestare, negli anni bui del dopo guerra, i più fondamentali diritti sulla vita.
©Luca Artioli (febbraio, 2017)
Se volete approfondire l’argomento, vi consiglio due letture:
- “Eugenetica senza tabù. Usi e abusi di un concetto” di Francesco Cassata (Ed. Einaudi, 2015)
- “Il mito dell’uomo perfetto” di Giorgia Brambilla (Ed. If Press, 2009)
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