Abbiamo avuto l’enorme fortuna di incontrare casualmente Francesca nei primi anni 2000, sulla piattaforma blog di Splinder.
Francesca stava muovendo i suoi primi passi nel mondo variegato della poesia, ma la sua ci colpì fin da subito, perché aveva un modo del tutto eterodosso di procedere nel verso.
Leggerla era come ascoltare musica jazz, le strofe erano piene zeppe di pensieri franti e rapidissimi, capaci però di creare un preciso filo conduttore, una sorta di sutura che le consentiva di congedarsi dalle proprie insicurezze, dalle proprie disillusioni, lasciandoti un retrogusto di meraviglia.
Da allora, Francesca ha dato alle stampe quattro raccolte poetiche, maturando anno dopo anno una voce preziosa nel fitto sottobosco della poesia contemporanea. Un’esperienza artistica che le ha permesso di compiere quel viaggio introspettivo tanto intenso quanto doveroso, capace di renderla ciò che è divenuta: una creatura straordinariamente semplice nella sua complessità femminile, nonostante la vita non le abbia mai concesso rettilinei o curve dolci.
Una vita messa costantemente in controluce per coglierne la trasparenza, la piena sostanza, per non perdere mai l’abitudine, di fronte agli ostacoli, di ritrovarsi con rinnovata forza.
Giungendo a quel “appartenersi”, che rende più poeti.
Che rende più umani.
Ma andiamo subito a conoscere meglio Francesca, leggendo l’intervista che ci ha gentilmente concesso.
Dunque, cosa ti viene in mente, se ti dicessimo…
1) Lucciole
Una notte ho fatto un sogno, un sogno in cui le ho viste tutte le mille me, come tanti piccoli bagliori: uno sembrava una lucciola, l’altro una stella, l’altro ancora, una scintilla e poi così via fino a mille. Fu come un’illuminazione. E allora si sono susseguite parole, un dipanarsi di vie e di volti tutti con lo stesso nome ed ognuno vero come l’altro. Quindi, se tutti i nomi sono veri, non lo è nessuno, nessuna etichetta a contenermi, solo mille cieli di mille forme da riempire – ognuno con la giusta luce. Una specie di pace fatta tutta di amore.
2) Abitarsi
Non ci sono stata sempre bene in questa casa. Le mie parole lo sapevano meglio di me, che intanto la vivevo ignara, presa da mille urgenze, mille impegni e responsabilità. C’erano angoli scomodi, come appuntiti, e allora cercavo la posizione più giusta per farmeli bastare. E ci riuscivo, persino. Tanto poi arrivavano le parole – come palloncini – e volavo cieli lontani. A ripensarci mi arriva una tenerezza infinita che mi verrebbe di abbracciarmi forte. E lo faccio, ogni volta che mi rileggo.
3) Sognare
Questa è la parola più difficile della lista, giuro! Forse l’origine del conflitto: ciò che poteva essere e non è mai stato, ciò che vorrei, ma non può essere, perché il mio sogno vive in una dimensione concreta, fatta di quotidianità talvolta ostili. Immagina un aeroplano di carta nel bel mezzo di una tempesta! Ecco, in quell’aereoplano di carta, con gli occhialini da pilota e il caschetto, ci sono io, dentro. Per fortuna spesso c’è il sole e appena un filo di vento e il viaggio è di una bellezza inenarrabile e vera.
4) Natura morta live
Questa parola si aggancia perfettamente alla precedente. In questo vivere il sogno nella dimensione concreta, ho avvertito più volte il bisogno di animare gli oggetti del mio quotidiano: ho parlato ad una lavatrice, ho ascoltato una piastrella, compreso la solitudine del mio frigorifero e visto il disagio di una sedia. Una natura morta che esige di respirare, di vivere, perché, nel tempo, nulla resta intatto: l’usura invecchia, la polvere ingrigisce, gli ingranaggi arrugginiscono. E’ inevitabile. Così, nel 2010, Paola Aloisio (fotografa dal talento straordinario), ha realizzato una sequenza di scatti in cui l’inanimato prendeva vita nello scorrere del tempo, e la mia poesia a raccontarne le gesta: un video della durata di mezz’ora, nato per essere proiettato in loop in una stanza vuota e buia. Un lavoro che mi ha dato la possibilità di volare su aeroplani di carta in giornate di sole e col vento leggero.
5) Wikismo
Era il 2006. Mi contatta Andrea Galli per chiedermi di unirmi alla rete di autori che stava imbastendo una ragnatela di parole – poesie scaturite dall’emotiva reazione a catena che seguiva la logica compositiva della Wikipedia e che rispondeva alla legge della contaminazione. E’ stata un’esperienza che mi ha travolto! Mi sentivo un fiume in piena!
Tutte le poesie dovevano essere intitolate con l’articolo indeterminativo: una sedia, una congiunzione, una cattedrale, un raffreddore, ecc ecc
Ogni lettura era un possibile viaggio dentro altre parole e in quel periodo non si faceva che volare! Sono nati tre libri: “Spegneranno tutti i lumi”, “La felicità è una piccola cosa” e “Le solitudini di Aradollo”.
6) Una città
Taranto. Croce e delizia. Tante contraddizioni, eppure la casa di tutte le mie nostalgie, i miei sogni. Ma anche le mie delusioni. Bellissima ma dolorosa da vivere. Una città che subisce il ricatto occupazione di un’industria che ne distrugge la bellezza naturale – ma che paga il mutuo di tante famiglie. Una città abitata dall’indolenza, violentata dalla fuga, avvelenata dalla diossina. Una città in cui, per uno stesso intento, nascono mille fazioni che finiscono col gareggiare una contro l’altra e non più a favore della causa. Una città difficile da vivere, come – forse – lo sono tutti i luoghi del mondo.
Sicuramente è il contenitore del mio tempo, ciò che ha plasmato il mio divenire nell’esatta forma che vedo adesso. Qualche volta costringendolo, lo ammetto.
7) Melasogno
E lo dicevo che i miei sogni devono potersi toccare! Ed ecco che nasce questo sogno. Mi permetto di incollare il perché ufficiale – non credo di poterlo spiegare meglio di come ho fatto due anni fa:
Melasogno perché la felicità è un lavoro impegnativo, forse il più difficile del mondo. Ed io nella felicità ci credo, perché quando arriva, arriva sempre dopo il sudore e tutto il mondo sembra sempre più bello. E io melasogno la felicità, melasogno da tutta la vita. E così ho pensato che questo sogno aveva bisogno di una casa, un luogo di luce, bellezza e cose buone. E casa, fu.
E poi, ho pensato ad un colore e clorofilla, fu.
E poi, ho pensato ad un’origine e mela, fu.
E poi, ho pensato a tutti i frutti della terra.
E melasogno, fu.
8) LucaDeiMieiOcchi
È nato il 10 maggio del 2000. Adesso è in piena adolescenza, fa il secondo liceo ed è alto un metro e ottanta: è un gigante il mio piccolo uomo.
Ha un sorriso splendido e quando sorride capisco una cosa importante: ogni cosa che vorrei, ogni luce che desidero – e quindi – tutte le proiezioni, i sogni e la lungimiranza, passano per il punto, al centro esatto del mio universo, che porta il suo nome, Luca, LucaDeiMieiOcchi.
Come un fascio di rette proprio. Non se ne prescinde. E se penso al futuro, penso al suo futuro: a me, per me, basta fare tutto il possibile perché sia sereno, in pace e mai come questo in questo periodo posso affermare che, anche il solo lavorare per la sua serenità, mi mette dentro un incommensurabile senso di amore.
9) Progetti
Il mio progetto, l’unico, il solo a meritare la parola “sogno” è “essere felice”. Quindi, mi adopero perché diventi una realtà. Per prima cosa, se Luca è felice, io sono felice – ed allora faccio qualunque cosa gli porti serenità nel cuore. Poi, ci sono mille atti quotidiani di duro lavoro svolto senza procrastinare mai e con la sola consapevolezza che se – quotidianamente – semino per essere felice, allora è già quella la felicità.
10) Motto
Per quello che ho detto, ma anche per tutto ciò che è silenzio, il solo motto è “Lungimiranza è una parola bellissima”
*****
Un paio di poesie tratte da “Tutte le lucciole vennero al pettine” (Ed. Edit@, Taranto 2015):
[…]
Nelle tutte libertà che sono la mia prigione
c’è un fiore bianco piantato da solo in un vaso
davanti ad una finestra senza tende.
Nella mia prigione grande quanto è grande il cielo
spesso mi perdo insieme alle cose che dimentico
e giochiamo alle farfalle bianche
sul fiore bianco piantato da solo in un vaso
davanti a una finestra senza cielo.
Quando poi, per puro caso, ritrovo la strada
sono sempre più bambina
della bambina che non sono mai stata
nelle tutte libertà inutili e necessarie
a perdermi per sopravvivere, dimenticando
che d’amore ho cancellato il
#sogno#
***
(…)
Se mi fermo quando sto in mezzo alle ore e
le cose mi passano su ogni latitudine
dello sguardo ma non ti toccano
quelle volte lì
che il tutto che sei è dall’altra parte del mio diametro
inarrivabile
chiudo gli occhi e ti cerco
e ti trovo e ti trattengo
col respiro, dentro.
Come le cose invisibili che restano.
Bio-Bibliografia di Francesca
Francesca Pellegrino nasce il 5 novembre del 1974 a Taranto, dove tuttora vive, scrive e sogna.
Nel 2006, entra a fare parte del wikismo (wikipoesia), curato da Andrea Galli e Carlo Trotta, dove pubblica “La felicità è una piccola cosa” (vol. 2 della wiki poesia) e partecipa come co-curatrice del vol. 3 “Le solitudini di Aradollo”.
Nel 2009 pubblica “Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni” (editrice Kimerik) e Niente di personale”, il n° 16 della Collana Samizdat per la Biblioteca Clandestina Errabonda.
E’ presente su riviste letterarie, quali “La Clessidra” di Joker Editore e “La Mosca di Milano” di La Vita Felice, così come su riviste letterarie internazionali, quali “Journal of Italian Translation” , “Gradiva” di New York.
Nel 2010 pubblica “CHERNOBYLOVE – il giorno dopo il vento” (editrice Kimerik).,
Nel 2014 è vincitrice del premio nazionale “Certamen Poeticum Apollinare 2014 – I Edizione”, organizzato dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, con il suo libro “CHERNOBYLOVE – il giorno dopo il vento”.
Pubblica “CHERNOBYLOVE – The Day After the Wind” (Chelsea Editions – New York) un volume che raccoglie una selezione di poesie pubblicate dal 2008 al 2010 – traduzioni a cura di Adria Bernardi.
Nel 2015 pubblica per Edit@ Casa Editrice e Libraria il suo nuovo volume intitolato ‘Tutte le Lucciole vennero al pettine’, un monologo tra mille parti del sé che si disputano ragioni, colpe e consensi fino a trovare una pace di consistenza esistenziale.
È autrice selezionata dalla redazione di Rai 1 per la realizzazione di un video trasmesso per Tv7 – approfondimento settimanale del Tg1 – con la poesia ‘L’ebanista’.
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